Sto blog sta diventando sempre più macabro, gira gira lo chiudo, tanto ho notato che non so tenerlo… E’ veramente troppo difficile da spiegare, nessuno, in qualsiasi contesto con qualsiasi mezzo compresa religione e filosofia, riuscirà mai a spiegare perché nasciamo con dolore, moriamo con dolore e viviamo una vita fatta di dolore. Ed è a volte questo che caratterizza la vita, la realizzazione è in fondo la ricerca di una felicità interiore, che per ognuno è diversa. Ma cos’è la felicità? Beh difficile dirlo, chiunque potrebbe abbattere le mie parole in un secondo, solo perché la felicità è uno di quei sentimenti intimi e personali che nessuno può definire per noi stessi a parte noi, e questo fa dell’uomo un debole, un animale che non vuole comprendere il cerchio del genere che ormai lo avvolge con le sue spire calde, forse troppo, e lo attanaglia con la ricerca di una parte nel mondo che per non incappare nell’egoismo ricerca nell’appartenenza a un gruppo. L’errore è proprio quello della ricerca del branco, perché da animali il nostro istinto è di organizzarci in branchi e poi distinguerci in essi, e quando uno il branco lo lascia a noi rimane un senso di vuoto che è lo stesso che avrebbe un puzzle senza un tassello. A noi sembra di rimanere incompleti solo perché non capiamo, o non vogliamo capire, che la completezza è dentro di noi e non fuori di noi. Purtroppo tutto il dolore che nella nostra vita proviamo è causato da alcuni difetti di fondo nell’essere umano, la codardia prima non per importanza ci “dona” la capacità di fuggire da ciò che istintivamente reputiamo “cattivo”, è la stessa che fa fuggire gli elefanti dai topolini, ed è la stessa che ci fa fuggire dai problemi. Secondo difetto, è l’egocentrismo, ma questo è diciamo una conseguenza secondo me della ricerca del branco, basti immaginare quello che succede ai leoni, ogni leone maschio più giovane tenta di accaparrarsi la guida del branco, e la continuazione delle generazioni, quella è selezione naturale che permette sempre e solo al leone più forte di fecondare le femmine e far nascere solo dei leoni forti per evitare di incappare nel dolore di un leoncino malato o ucciso precocemente perché debole; per noi questo scenario è fantastico, perché è interamente riportato nella nostra vita ma è ulteriormente deformato dall’anamnesi psicologica dell’uomo nel corso dei secoli, dove si è imparato a credere che tutti fossero capaci di fare tutto allo stesso modo, esaltando le capacità di chi invece non ne aveva e denigrando le capacità di chi poteva portarci in un futuro migliore. Questo argomento viene spesso frainteso, e sicuramente verrò frainteso io stesso abbattendo il valore dell’universale identicità del genere umano, però l’uguaglianza è proprio quello che ci apre le porte della sofferenza, la natura adotta un approccio cinico con la vita negando la possibilità anche solo di fecondare agli animali troppo deboli, invece noi per una voglia di adattare tutto a tutti facciamo fecondare anche chi è più debole permettendo che poi una volta che ci siamo affezionati questi se ne vada lasciandoci col vuoto di cui sopra. Purtroppo la natura ha trovato una soluzione che non ci è congeniale, perché la codardia ci costringe a non uccidere o evitare di far nascere chi risulterebbe più debole, e questo sentimento tutto umano si chiama appunto senso di umanità. Su questo si potrebbero aprire interminabili dibattiti e scrivere quintali di libri, e quindi non continuerò a parlare in maniera tanto ambigua da essere frainteso, darò solo la mia personale ipotesi, probabilmente utopistica che metta d’accordo umanità e selezione naturale. L’umanita per noi ha un ruolo fondamentale, è quello che secondo noi ci distingue dagli animali, e qui sorge spontanea la prima domanda, ma siamo veramente tanto diversi dagli animali? A parte il mio personale NO lascio al lettore l’interrogativo. Dicevo, questo fondamento molto filosofico del genere umano, si basa sulla concezione propria dell’uguaglianza, e l’uguaglianza viene in un’astrazione latente proprio dalla ricerca di quel branco che anche i lupi, solitari per eccellenza spesso vanno cercando o creando, se possono, esattamente come noi creiamo le nostre famiglie. Più si ragiona sulle somiglianze tra l’uomo e gli animali e meno si capisce allora perché gli animali abbiano meno problemi di noi. La risposta a questo interrogativo spesso è “gli animali non hanno problemi perché non hanno l’intelligenza”, quindi la mia personale conclusione è che data l’affermazione allora l’essere intelligenti provoca problematiche. No, non è questo. Il mio personale parere è che le nostre emozioni creino problemi, non provare affetto per qualcuno provoca che la sua morte non susciti in noi nessun particolare sentimento, d’altro canto la nostra sempre presente umanità provoca un sentimento di angoscia nel vedere un morto. Ora lasciando il discorso un po’ incompiuto cosi da suscitare una riflessione sull’argomento già che siamo in tema, concludo dicendo che la natura può insegnare, o perlomeno aiutarci, solo che non dobbiamo starla troppo a sentire altrimenti rischiamo di trovarci nell’estremo individualismo e in una situazione in cuoi l’unica legge è quella del taglione. No, non voglio questo. L’idea sarebbe quella di provare a unire le forze con madre natura rammentando sempre che abbiamo bisogno da buoni esseri deboli di quella naturale umanità che noi stessi abbiamo creato. Se questo discorso ha un senso parliamone, per commenti.